Uno scalatore polacco recentemente ha scalato la vetta più alta del suo paese ed è rimasto sorpreso di trovare un gatto domestico che lo aspettava proprio in cima.
Wojciech Jabczynski non poteva credere ai suoi occhi quando ha raggiunto la cima del monte Rysy. alto 2.500 metri, per trovarci un gatto rosso che si leccava tranquillamente le zampe. Nessuno sa esattamente come il felino sia arrivato sulla cima della montagna, e tanto meno perché. Sorpreso dalla presenza dell’animale, lo scalatore ha preso il suo telefono e ha scattato alcune foto, giusto per assicurarsi che la gente lo credesse quando avrebbe raccontato la storia.
Jabczynski ha detto che il gatto non sembrava preoccupato per il freddo né spaventato dagli umani e si è avvicinato a lui mentre prendeva il suo pranzo dallo zaino, ma a quanto pare il suo panino al formaggio non era di suo gusto.
Le foto e i video di Wojciech Jabczynski pubblicati sui suoi account sui social media sono diventati presto virali e la gente ha iniziato a commentare che il gatto domestico doveva essere in realtà un leopardo delle nevi in incognito, o che aveva l’anima di una capra di montagna. Jabczynski sospetta che possa essere salito da una piccola capanna turistica che si trova alla base della cima.
Arrabbiata e delusa … ma è così che funziona? nell’invecchiare si diventa cattivi e crudeli? sono stata cresciuta nel rispetto degli animli, soprattutto da mia madre che mi ha sempre fatto apprezzare le bellezze della natura; mi ha insegnato ad osservare anche gli animali più piccoli, dall’ape che si tuffa in un fiore al passerotto che chiede il cibo alla sua mamma, l’innocua bisciolina che prende il sole … ma questa mattina mi ha volutamente raccontato di una vespetta, quelle nere con le zampine lunghe, che era entrata in casa sua; l’anno scorso lo stesso insetto aveva persino costruito alcuni ‘nidi’ e l’abbiamo seguita senza disturbarla in tutta l’opera di costruzione del nido e successivamente atteso che le nuove creturine uscissero … ma questa mattina mi ha raccontato che ha fatto di tutto per farla uscire e poi, visto che ad un certo punto la vespetta è caduta in terra, l’ha schacciata!!! crudele e cattiva due volte! la prima per il gesto inutilmente crudele e la seconda per avermelo raccontato sapendo come sono! io che persino le mosche le catturo e le butto fuori dalla finestra, io che tiro via le ragnatele solo se non cè più il ragnetto … io che sono così perchè lei mi ha educata in un certo modo … ma dove è finita la mia mamma? chi se l’è presa?!!!
cammina sotto la pioggia incurante dei vestiti fradici dei capelli che si appiccicano al viso il passo deciso lo sguardo dritto davanti a se nessuno vede le lacrime che le rigano il viso lacrime di chi ha finalmente deciso di prendere in mano la propria vita di non farsi più dire cosa fare di non sentirsi più schiava dei giudizi ma di sentirsi libera anche di camminare sotto la pioggia
L’uomo ha grande discorso, del quale la più parte è vano e falso. Li animali l’hanno piccolo, ma è utile e vero, e meglio è la piccola certezza che la gran bugia.
Questo articolo è stato pubblicato su Huffpost Uk ed è stato tradotto da Milena Sanfilippo
Non so come piangere per la perdita che ho subito.
Vivo a New York, uno degli epicentri della pandemia di Coronavirus – e ho appena perso la mia cagnolina.
I media pullulano di foto e notizie che raccontano la devastazione – i furgoni che trasportano cadaveri, le fosse comuni di Hart Island, gli ospedali improvvisati per accogliere il flusso continuo di pazienti in gravissime condizioni. Ogni giorno porta con sé nuove brutte notizie sulla pandemia – altri ammalati, altri morti. Ma questo non rende meno dolorosa la mia perdita.
Riluttante all’idea di scrivere della morte del mio cane sui social, l’ho detto solo a qualche amico. Sono perlopiù comprensivi, mentre altri si sono dimostrati insensibili.
“Ne prenderai un altro?”, mi hanno chiesto tre di loro.
“Ti mando un link per le adozioni”, mi ha proposto il vicino.
Quando sono morti i miei genitori, ho osservato la Shiva, ho acceso delle candele e ho recitato il Kaddish secondo la tradizione ebraica. Il lutto è durato dodici mesi. Per la morte di un animale domestico non esistono pratiche religiose.
Quando l’abbiamo adottata in un rifugio del posto, quattordici anni fa, abbiamo deciso di chiamarla Cassie. Per Steve, mio marito, è stato amore a prima vista. Vivace, spavalda e affettuosa, era un cocker spaniel marroncino e bianco con delle zampe enormi che la facevano sembrare un cucciolo anche da grande.
Nel giro di un mese, è diventata il mio cane. Le nostre personalità si somigliavano e, come me, anche lei adorava fare nuove conoscenze. Forse anche grazie ai trucchetti che le avevo insegnato. “Qua la zampa”. “Alzati e fai un giro su te stessa”. “Sdraiati”. Una sequenza che eseguiva alla perfezione, per poi ricevere un biscotto in premio.
Era un cane da terapia certificato, e spesso andavamo a far visita ai residenti di una casa di riposo. “Ha il pelo morbidissimo”, le diceva ammirata una donna mentre lei e gli altri ospiti accarezzavano Cassie, condividendo aneddoti sui loro amati amici a quattro zampe.
Cinque anni dopo, sia mio marito che Cassie hanno ricevuto una diagnosi di cancro – Steve, un tumore alla gola al quarto stadio e Cassie un carcinoma dei mastociti. Entrambi curati con esito positivo. Tuttavia, il veterinario di Cassie mi aveva avvertito: “State attenti, il suo sistema immunitario è compromesso”.
Non poteva più fare da cane da terapia, ma a parte questo non ha perso un colpo. Passeggiando per le strade affollate dell’Upper West Side, i passanti spesso si complimentavano: “È bellissima”
“Lasci che le mostri quello che sa fare”, rispondevo io.
E allora si fermavamo ad ammirare Cassie che eseguiva le sue mosse.
“È sorprendente”, mi dicevano spesso i bambini.
Durante la terapia oncologica di Steve e, qualche anno dopo, durante un intervento chirurgico per la sostituzione di una valvola aortica, che per poco non l’ha ucciso, io e Cassie siamo diventate ancora più inseparabili. Era la mia ancora, la mia integrità mentale, il mio cuore.
Come tantissime morti in questo momento, anche la sua è stata improvvisa.
Due giorni prima che a New York entrasse in vigore la quarantena, Steve ha annunciato: “Porto Cassie dal tosatore. Chissà quando ne riavremo la possibilità”.
“Metti la mascherina. Sei un soggetto a rischio”, gli ho detto porgendogli una mascherina rimediata mesi fa al pronto soccorso, quando è stato ricoverato per polmonite.
Un’ora dopo, il toelettatore ci ha chiamato in preda al panico. “Dobbiamo portare subito Cassie dal veterinario. Non respira.”
Il medico ha fatto arrivare un’ambulanza veterinaria che ci ha portato alla clinica per animali.
“Steve, va’ a casa”, ho detto a mio marito. “Non sei al sicuro.”
In ambulanza, Cassie è andata in crisi respiratoria. Una volta arrivati in ospedale, l’operatore l’ha portata dentro in tutta fretta. Un’infermiera mi ha invitata ad accomodarmi in una stanza privata per rispettare il distanziamento sociale. Dopo quella che mi è sembrata un’eternità, una veterinaria mi ha comunicato: “Cassie sta un po’ meglio. Stiamo facendo degli esami. Non c’è motivo di restare qui. Vi chiamo io.”
Mi sono lavata le mani all’erogatore di igienizzante dell’ospedale e ho percorso i quasi cinque chilometri che mi separavano da casa perché avevo troppa paura di prendere i mezzi pubblici.
Dopo qualche ora, la veterinaria ha chiamato.
“Ha la laringe semiparalizzata”, ha detto. “Non riesce a respirare da sola e ho dovuto intubarla. Le serve una tracheotomia. Ma le possibilità che sopravviva sono pochissime.”
Voltandomi verso Steve, in preda al panico, gli ho chiesto: “Che dobbiamo fare?”
Col volto rigato di lacrime, mi ha risposto. “È arrivato il momento di dirle addio.”
Nei nostri 44 anni di matrimonio, abbiamo adottato altri animali e siamo sempre rimasti al loro fianco quando ci hanno lasciato. Stavolta non è andata così.
“Non possiamo andare in ospedale. È troppo rischioso”, ho detto col cuore a pezzi.
Perciò, Cassie è morta circondata da sconosciuti – un’immagine che ora non mi fa dormire la notte.
Piango spesso – singhiozzi ansimanti che non riesco a controllare – ma poi mi fermo. Devo fare del mio meglio per restare forte e in salute. Altre volte, mi sento in colpa per il dolore intenso che provo per questo lutto e dico a me stessa che era solo un cane. In questo momento, tantissime persone stanno morendo in circostanze impensabili. La loro morte non conta forse di più?
Chi ha un amico a quattro zampe è grato della sua esistenza. Persino Franklin Roosevelt cercava il conforto del suo piccolo Terrier nero, Fala, mentre guidava la nazione durante la Seconda Guerra Mondiale. Fala dormiva ai piedi del letto di Roosevelt, lo accompagnava nei suoi viaggi, ed è stata seppellita accanto al presidente e a sua moglie nella loro proprietà di Hyde Park.
La vita dei nostri animali domestici ha un valore – anche loro contano! – sebbene spesso la società banalizzi il nostro rapporto con loro. E anche se sento che non dovrei soffrire per la morte di Cassie in modo così intenso e doloroso – soprattutto durante una pandemia che vede accadere cose terribili – la sua vita e la sua scomparsa mi hanno toccata nel profondo, forse proprio a causa del COVID-19.
Mi manca tantissimo. Accoccolarmi contro la sua pelliccia calda e accarezzarle le lunghe orecchie morbide mi dato conforto in passato, e adesso lei non è più qui ad aiutarmi a superare questo periodo così strano e terrificante. Non so davvero cosa fare senza di lei, e sento di non poter piangere come vorrei perché la gente lo ritiene assurdo, stupido e immeritevole di un sentimento simile.
Forse quando la vita tornerà alla “nuova normalità”, mi sentirò più a mio agio all’idea di parlare della mia perdita e iniziare una lenta ripresa. Posterò sui social le mie foto preferite di Cassie e le metterò in mostra per tutto l’appartamento. E quando a Riverside Park sbocceranno i fiori, spargerò le sue ceneri lungo il sentiero che ci piaceva tanto percorrere insieme e piangerò senza vergogna né sensi di colpa.
La sera mi piace uscire in cortile, sedermi su una sedia o in terra ammirare le mie piante fiorite, ascoltare il cinguettio degli uccellini che si apprestono ad andare a dormire o il garrire delle rondini che consumano l’ultimo pasto della giornata ascolto il mio respiro e provo a scacciare la tensione della giornata e, proprio in quel momento, arrivano anche i miei cani che si sdraiano sul pratino rilassati e le mie gatte che rincorrono svogliate qualche insetto magari ho appena sentito mia figlia che sta bene … a quel punto … sento che è tutto perfetto, non mi manca niente.